USC 1903 FORUM

ALVIERO

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Fuoritempo
view post Posted on 3/8/2012, 07:16




tratto dal libretto di Gabriella Greison, “L’insostenibile leggerezza di Effenberg”)

Con quello sguardo che toglie il fiato, da gran divo d’altri tempi, Alviero Chiorri – abbronzato, malinconico, imponente, trasandato cinquantenne – lo incontri, un pomeriggio di settembre, in riva al mare, seduto sugli scogli di Passoscuro, poco dopo Fregene. “Sono venuto a Roma a trovare i miei genitori: ma resto pochi giorni, Cuba mi manca troppo”. Cuba, l’Avana: l’unico posto dove poteva andare ad abitare un tipo come lui. “Già, l’unico. Solo lì posso permettermi di non far niente tutto il giorno. Niente. Come non facevo niente da giovane…”.
Il marziano, il genio, il freak, il ribelle. Il doriano sregolato, pedina di scambio per far arrivare Gianluca Vialli dalla Cremonese. Di sicuro vi ricorderete i suoi riccioli, i suoi calzettoni tirati giù, i suoi orecchini – prima di Maradona –, la sua maglia fuori dai calzoncini – prima di Platini – e il suo addio al calcio, tra il primo e il secondo tempo di una partita. Un artista del calcio, un fantasista, un numero dieci, dentro e fuori dal campo. “Erano altri tempi…”. Alviero Chiorri, il chiodo fisso dei genoani – i derby di fine anni 70, inizi 80, ancora non glieli hanno perdonati: Gorin su tutti – era un mancino, e indossava sempre due scarpini diversi. “Strano che non lo facessero anche gli altri…”. Nella destra i sei tacchetti, scarpa pesante – “ben piantata per terra per garantire equilibrio” –; nel sinistro i tredici tacchetti, scarpa leggera – “e libera di inventare” – senza zavorre.
Brizzolato, capelli lunghi, legati dietro con un codino. Catena d’oro al collo, sandali infradito. Lo guardi, e sembra di vederlo quel giorno: arrivò a Bogliasco, il giorno della presentazione della Sampdoria alla stampa, giacca e cravatta obbligatori, d’ordinanza: e lui, in ritardo – direttamente dalla spiaggia – in ciabatte, canotta da coatto, costume da bagno, sigaretta in bocca, orecchino e catenazza al collo, New Trolls nella testa. Bersellini lo vide arrivare da lontano, rabbrividì, divenne bianco, e poi rosso di furore. “Quante gliene ho fatte passare a quel poveraccio: ma a distanza di anni posso dire di essere grato al sergente di ferro: ero una testa di cavolo!, non pensavo, non ragionavo, ero tutto istinto e adrenalina. Quante strigliate, quanti giri di campo, mentre i compagni erano già negli spogliatoi a cambiarsi”.
Cinque anni di Sampdoria, poi un anno in prestito al Bologna – “perché volevano testare un certo Roberto Mancini” – e ancora due stagioni in blucerchiato. Poi venne il giorno in cui il presidente Mantovani lo convoca in sede, lacrime agli occhi, per dirgli: “Alviero, ti devo cedere: sei stato la più grossa delusione della mia vita. Con la tua tecnica chissà dove saresti potuto arrivare”. Fu ceduto alla Cremonese – “quella del presidente Luzzara: che grande uomo. Non esistono più persone così nel mondo del calcio” – in cambio di Gianluca Vialli. “Da lì non volli più andarmene, nonostante le richieste da parte delle formazioni più importanti d’Italia. Luzzara mi trattava come un padre: mi amava e coccolava. Io avevo bisogno di quello. Ora racconto un aneddoto, per farvi capire il tipo: quando vincevamo, lui non si faceva vedere mai, seguiva la squadra, la ammirava, era incantato da quanto riuscivamo a fare sul campo, ma mai una volta è venuto a trovarci. Poi, da un certo punto in poi, la Cremonese cominciò a perdere: ci infilammo in un tunnel di risultati negativi: il presidente dopo l’ennesima partita giocata male, per la prima volta scese negli spogliatoi: ci guardò mentre ci cambiavamo, ci sorrise, e ci confortò uno ad uno”.
Smise con il calcio nel 1992, era il 24 maggio: stadio Marassi. Proprio durante Sampdoria-Cremonese. “La curva blucerchiata mi fece tante feste quando mi vide entrare in campo: avevo il cuore che andava a mille. Non potevo più reggere emozioni così forti. Avevo bisogno di smettere, subito, all’istante. Senza compromessi”. Nessun sacrificio. Mai. “Come quando rinunciai alla convocazione in nazionale per i mondiali under 17, ricordo ancora che urlai, sventolando le mani: voi siete pazzi, io devo andare al mare con i miei amici: no, non vengo”. Fu allontanato da Coverciano, scortato dai carabinieri.
Al mare, lui, ci andò. Dopo la sua ultima partita con la Cremonese, quella lasciata tra il primo e il secondo tempo. Scelse Cuba, con gli amici. L’Avana, “perché era il posto dello sballo, dei mojito, della bella vita”. Ci rimase tutta la vita. “Esatto, doveva essere solo una vacanza di qualche settimana, poi vidi che mi piaceva tutto: le donne, il far niente. Decisi di trasferirmi lì. Senza pensieri”. Come non ne aveva neanche da ragazzo: quando si accendeva una sigaretta mentre si allenava, tenendo il pacchetto nascosto nei pantaloni della tuta; o quando si svegliava alle tre del pomeriggio, era domenica, e allo stadio si sarebbe giocata la partita decisiva per il campionato. Ma quelli erano gli anni in cui per vendere un paio di jeans, scrivevano sopra “non avrai altro Jesus al di fuori di me”, o sulle tasche posteriori “chi mi ama mi segua”. Dove gli slogan erano “proibito proibire”, o “l’unica regola è che non ci sono regole”. E lui, in quell’ingessatissimo mondo del calcio, era un alieno. Un piede sinistro delizioso, capace di infliggere ai difensori dribbling irridenti, tunnel beffardi, tiri velenosissimi, e dagli effetti imprevedibili. Assist illuminanti, ai compagni smarcati davanti al portiere. Un fisico non robustissimo, ma abbastanza da resistere alle attenzioni dei terzini, che lo marcavano stretto. Partiva dalla fascia, con quel tipico caracollare, convergendo verso l’area, palla incollata all’esterno; poi scatto bruciante, improvviso: il difensore prima cercava di segarlo, poi disperatamente di aggrapparsi alla sua maglia, fuori dai pantaloncini: ma lui era già in porta, portiere seduto con diabolica finta, palla sulla linea di gesso, e accarezzata in porta. Any given Sunday.
“Quanti ricordi: nel 1980 in uno scontro di fuoco contro il Como, ricordo che misi a sedere Pietro Vierchowod: poi mi girai verso la Sud, mi fermai, e urlai: l’ho fatto per voi. O a San Siro, l’anno dopo, contro il Milan: beffai Franco Baresi con un dribbling a rientrare, e sull’uscita del portiere la misi lenta, dolce, leggera nell’angolino basso. Erano queste cose che facevano impazzire i tifosi: e io le facevo apposta. Quelle cose mi venivano naturali: non capivo perché molti scrivevano che ero uno strano, sciroccato. Devo dire che, con la consapevolezza di oggi, io sono entrato in quel mondo molto impreparato: all’epoca non era come adesso, che un ragazzino è già impostato. Basta guardare Balotelli all’Inter: l’hanno già inquadrato, strutturato, gli hanno imboccato le cose da dire, organizzato le idee. Devo dire che però, io, non mi sono mai sentito un marziano. Io sono onorato di aver giocato a certi livelli, contro Platini, Maradona, affianco a Brady, a Francis. Ecco, Maradona: lo ritengo il più grande calciatore di tutti i tempi: lui è stato molto simile a me, per certi aspetti. Non ha mai, dico mai, parlato male di qualche suo compagno di squadra: in un ambiente dove, si sa, si fa a lotta su chi sparla prima, per avere una maglia, per lisciarsi l’allenatore. Lui guardava solo sé stesso: e tutto quello che gli arrivava era un regalo. Per chi come lui, come me, il calcio è un gioco, una passione, un divertimento, tutto il resto non conta. Come anche gli allenamenti: che peso! Dai!, da ragazzo uno vuole solo giocare le partite, chiaro che erano uno stress insopportabile per noi, i giri di campo, i cinesini, gli scatti brevi. Oggi, beh, c’è solo Cassano con la testa matta come la nostra… Anche se subito dopo Maradona, metto Zidane: eccolo l’altro Dio del pallone. E vi dirò di più: quella testata a Materazzi ci stava tutta…”.
Spira libeccio, ma poca cosa. Bel tramonto a Passo Scuro. “Niente a che vedere con quelli che vedono sul Malecon: sapete che in questo periodo le onde dell’oceano coprono tutta la passeggiata: arrivano fino sulla strada, le macchine fanno di quegli scivoloni. Io rimango ore a guardare quello spettacolo”. Ore, tante, quelle che portano dal 1992 ad oggi. “È un posto stupendo. Dove i valori umani hanno ancora importanza. Dove la gente sorride, non è furba, non ha secondi fini. Tutti vivono con pochi soldi, e sono felici. La condivisione, il volersi bene senza sotterfugi, la serenità: tutte cose che ho imparato ad amare laggiù. Certo, i primi anni per me era solo vita notturna e ubriacature: cameriere un altro mojito, e così fino al mattino. Ma ora c’è molto altro nella mia vita. Ci sono tutte le mie figlie, ad esempio”. Tutte. Tante? “Beh, se penso che ora sto con una donna che ha 24 anni, posso considerare anche lei mia figlia. È una ragazza bellissima: si chiama Mileidis, capelli neri, lunghi, viso solare, denti bianchissimi. Con lei ho avuto Gianluca, tre anni e mezzo. Viviamo insieme in una casetta in centro. A lei piace andare in discoteca: il sabato sera fa le 4, e torna a casa irriconoscibile. Io l’aspetto, buono, a letto. Alla mia età mica posso andare a ballare. E sono sicuro che lei, in disco, fa l’inferno: nel senso, stare con gli uomini, prima con questo, poi con quello, laggiù è normale, è come dirsi ciao in Italia. Quindi, non posso essere geloso. Lo do per scontato: ma non sono delle corna vere e proprie, è nella loro natura. Prima di lei sono stato tanti anni con Anabell, un’altra cubana giovanissima e stratosferica. Insieme abbiamo avuto Nicole: ora ha 7 anni. Abitano poco più lontano da me, le vedo sempre: sto seguendo la bimba in ogni fase della crescita. Capito, ora, perché parlo di tante figlie?! Ma, ora che ho cinquant’anni, sono rimbambito, non faccio più la vita di un tempo. Prima ne cambiavo una ogni sera: anche se non ho mai fatto orge o festini di quel tipo, devo dire che la mia media è molto alta. Al Floridita, il bar più famoso dell’Avana, mi conoscono bene, per il mio passato. Adesso quando mi vedono arrivare, pensano: eccolo qui, il vecchietto, al termine della sua passeggiatina serale. Già, perché il massimo della vita che mi concedo è la palestra o la partita a calcio. Gioco nella squadra degli Italiani a Cuba: abbiamo le divise della nazionale, ci alleniamo tre volte alla settimana e organizziamo sempre qualche partita la domenica. I dribbling ora li faccio ai due all’ora”.
E i rientri in Italia, sempre sotto traccia. Nascosti, lontani dai media. “Non ho più niente da dire: il mondo del calcio non mi appartiene più. in realtà, non è mai stato il mio mondo: mi ha fatto venire l’esaurimento nervoso. Quando ho lasciato ero stressatissimo: secondo loro, dovevo controllare ogni cosa che facevo”. Niente più interviste. Tranne una volta. Prima giornata, campionato 2008/2009. Quellu veggiu gundun sarsiou cu-u fii ferretto, gli urlano da lontano. Genova, piazza Palermo. “Mara abita lì”. Mara, la prima, l’unica moglie di Alviero. “Avevo 21 anni, tutti dicevano che a quell’età ci si doveva sposare: l’ho fatto, senza pensarci troppo. Ho sbagliato, certo. Abbiamo avuto un figlio, Simone. Ora ha 27 anni. Lei non la vedo più, lui invece appena posso vado a trovarlo. Vedete: il mio unico rimpianto è non averlo visto crescere. Sono stato egoista, nella mia vita ho pensato solo a me. Ora mi accorgo di avere un gran bel figlio: già grande, maturo, costruito. Con la testa sulle spalle. Lavora a Genova, in un negozio di frutta e verdura: non so se è felice: voglio portarlo a Cuba con me! Forse le sue aspettative erano altre. Potevo aiutarlo: ma c’è ancora tempo. Gli voglio bene, e io sono per lui ancora un idolo. Eppure non dovrei esserlo”. La partita che si gioca allo stadio è Sampdoria-Inter. La curva lo incontra al botteghino, i cori partono spontanei, solo per lui, per tutta la partita. “Ma in campo c’era Cassano… Me lo ha chiesto Simone di accompagnarlo alla partita. Era fiero di me, quando i ragazzi venivano a chiedermi l’autografo, e i vecchi si mettevano a raccontare aneddoti. Guardavo i suoi occhi: luccicavano di gioia. Il suo mito ora è Cassano: e fa bene. Perché Antonio è un gran giocatore: pazzo, ma genio. Il mio erede a Genova? Non lo so”.
Poi Roma, il ritorno a casa, dai genitori. “Nazareno e Lucia, una coppia che invidio molto: sono sempre sereni, ben disposti verso il prossimo, malgrado ne abbiano viste di tutti i colori. E poi c’è mia sorella Tiziana: lei sì che è un treno. Mi dice ancora oggi quello che devo e non devo fare. Ma, chiaro, io non l’ascolto”. Passoscuro, con quel suo bel tramonto in spiaggia, fa venire voglia di cose strane. “Peccato non aver mai letto un libro in vita mia: in momenti come questi si dice che chi ha letto tanto sa trovare le parole giuste per raccontare quello che uno prova. Io no. Ma leggerò questo, giuro. Film? Neanche. Non ricordo l’ultima volta che ne ho visto uno. A Cuba non mi viene voglia di andare al cinema. Telegiornali? Niente. Non so niente di quello che succede nel mondo. Ma va bene così. Non voglio saperlo. Io ho la mia vita: non faccio niente, e mi piace non fare niente. Certo, su Rai International guardo il calcio italiano, ma non vado oltre. Curiosità? Sì, ne ho tante. Ogni tanto qualche italiano a Cuba mi racconta qualcosa: io assorbo, apprendo. Poi, magari, dimentico anche. Le mie domande sono sempre su calciatori, o allenatori, o dirigenti. Dal ’92 ne ho avute tante di curiosità nella mia vita. Ma: o le risposte venivano a me, a Cuba, o non le andavo certo a cercare su internet. Cosa vorrei leggere in un libro sul calcio? Beh, la storia di altri giocatori di calcio fuori come me. Fuori dal calcio. Fuori dal mondo. Anche i più sani, a volte, possono nascondere storie bellissime. Vi faccio dei nomi: al Torino mi colpì molto un portiere: lo chiamavano il Giaguaro, era un tipo assurdo, impalpabile per certi versi. Oppure quell’argentino dell’Inter, Angelillo, che di donne ne ha avute tante anche lui. O anche quell’allenatore che prese una squadretta come il Verona e le fece vincere lo scudetto, tenendola in testa alla classifica per tutto il campionato. Poi, ci sono altri giocatori folli, oltre a me voglio dire, mi piacerebbe sapere le loro vite. E poi, beh, mi incuriosirebbe scoprire qualcosa di nuovo. Una storia assurda, o un giallo…”.

Per tutti voi...
 
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view post Posted on 3/8/2012, 08:31
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grazie Fuoritempo ! ...mi son venuti i brividi a leggerlo....
 
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view post Posted on 3/8/2012, 08:43
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el tabakin

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COSA VI SIETE PERSI...
 
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Fuoritempo
view post Posted on 3/8/2012, 08:46




Come lo definì Fabio Capello alla DS...il più grande talento italiano del dopo guerra dopo Gianni Rivera
 
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MAIFIACK
view post Posted on 3/8/2012, 12:45




STUPENDO ....LO COPIO INCOLLO E STAMPO PER I FUTURI SUPPORTERS GRIGIOROSSI
 
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view post Posted on 3/8/2012, 12:46
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FANCULO IL CALCIO MODERNO

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CITAZIONE (ilferro @ 3/8/2012, 09:43) 
COSA VI SIETE PERSI...

IO NO. IO NON ME LO SONO PERSO.
 
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MAIFIACK
view post Posted on 3/8/2012, 12:53




A TORINO IL GIUAGUARO CASTELLINI .....FENOMENALE

“È un posto stupendo. Dove i valori umani hanno ancora importanza. Dove la gente sorride, non è furba, non ha secondi fini. Tutti vivono con pochi soldi, e sono felici. La condivisione, il volersi bene senza sotterfugi, la serenità: tutte cose che ho imparato ad amare laggiù. ...SAPPIAMO ECCO PERCHE A QUEI TEMPI GLI E' PIACIUTO ANCHE CREMONA

ALVIERO IS MAGIC ...DA STRISCIONE STORICO !!!
 
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view post Posted on 3/8/2012, 13:13
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...nostalgia canaglia....
 
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view post Posted on 3/8/2012, 13:16
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Minuto 87™️

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All'Oscuro bastava il titolo del topic
ALVIERO
E chi deve aggiungere niente...?
 
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view post Posted on 3/8/2012, 14:39
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CITAZIONE (ilferro @ 3/8/2012, 09:43) 
COSA VI SIETE PERSI...

E non ho certo perso nulla nemmeno io.....
 
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ZeroTitulotti
view post Posted on 3/8/2012, 15:00




2 momenti:

Cremonese-Messina..chi c'era sa

Sampdoria-qualchecosa di coppa delle coppe. Con tutta la tribuna in piedi ,e gente che faceva la fila per andare a salutarlo
 
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view post Posted on 3/8/2012, 15:04

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Per fortuna anche io c'ero!
.......e Cremonese - Messina resterà sempre nella mia mente.
INDELEBILE!
 
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IL SOLISTA DEL MITRA
view post Posted on 3/8/2012, 15:13




Quanti ricordi bellissimi. . . . .
 
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view post Posted on 3/8/2012, 15:17
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el tabakin

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CITAZIONE (ZeroTitulotti @ 3/8/2012, 16:00) 
2 momenti:

Cremonese-Messina..chi c'era sa

Sampdoria-qualchecosa di coppa delle coppe. Con tutta la tribuna in piedi ,e gente che faceva la fila per andare a salutarlo

sampdoria - norkepping ( nn so come si scriva)

rimasi fuori da scuola e andai sul torrazzo coi doriani
giornta lunghetta da mattino all'alba dopo...

trovai solo biglietti distinti

ricordo un lancio di rotoli cartaigenica clamoroso all'inizio....

alla fine saltammo dentro

ghera amò el cancel cun lu punti rigiradi

DEVO DIRE CHE IL SALTO DAI DISTINTI ERA ALMENO 1 MT IN PIù RISPETTO ALLA CURVA... :fisc: :ph34r: :fisc: :ph34r: :fisc:
 
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view post Posted on 3/8/2012, 15:55
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Gennaio 1988 Brescia - Cremonese 0-2 Gol di Alviero in contropiede con pallonetto al portiere.Io c'ero e chi se lo dimentica!!! Tanto per rinfrescare la memoria è il campionato degli spareggi vinti a Pescara dove purtroppo il nostro eroe sbagliò il rigore,ma tutti sappiamo poi come andò a finire echevelodicoafare.
 
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24 replies since 3/8/2012, 07:16   470 views
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